La crypto art
L’arte digitale esiste ormai da decenni e, oltre ad essere largamente affermata negli ambiti dell’animazione e del design, detiene anche il suo spazio nel mondo delle belle arti. Ma, come ogni innovazione, la digital art ha introdotto anche alcuni inconvenienti, tra cui, di particolare interesse per l’artista, l’impossibilità di vendere l’opera d’arte come prodotto unico ed irriproducibile (chiaramente, un file sul computer può essere facilmente copiato con un paio di click). Questo problema potrebbe aver trovato una soluzione nella crypto-art e negli NFT, ovvero un tipo particolare di criptovaluta non intercambiabile (NFT sta, infatti, per non-fungible token, token non fungibili): tramite l’impiego di questa tecnologia, gli artisti possono creare una versione unica, autentica ed originale della propria opera e venderla con il valore aggiunto che ne consegue.
Ma perché comprare NFT-art, se posso guardare un’immagine non originale che, per esperienza visiva, non ne differisce in alcun modo?
In effetti è così, se guardare un’immagine della Monna Lisa costituisce un’esperienza del tutto diversa, comparata al trovarsi al cospetto di quella sorprendentemente piccola tela, che appare come l’unica finestrella su una larga parete espositiva, finestra che si affaccia sul mondo di fascino e genio artistico, che da sempre aleggiano attorno alla donna dal misterioso sorriso, lo stesso non può valere per un’opera digitale, la quale nasce e vive fra gli schermi. Ma allora qual è il valore di un originale che non ha nulla di originale e diverso dalla copia? La risposta a questa domanda è molto astratta ed ha molte similitudini con il collezionismo: perché la prima stampa di un libro importante, un particolare giocattolo, una figurina sportiva, che siano di facile riproduzione, possono, dopo solo poche decadi, arrivare a valere decine, centinaia, migliaia di volte il loro valore monetario di partenza? Qualche volta la motivazione si può trovare nel valore storico e culturale dell’oggetto, ma non sempre tale valore è alto abbastanza da giustificare del tutto i prezzi. Il motivo per cui l’originale è considerato così importante è, semplicemente, perché noi sappiamo e possiamo affermare con certezza (certezza, nel caso della crypto-art, assoluta) che si tratta dell’originale.
NFT e problemi ambientali
La controversia più discussa e problematica dietro l’impiego delle tecnologie NFT è però un’altra: la questione dell’impatto ambientale. La creazione e la transizione di criptovalute, infatti, può consumare moltissima energia. Purtroppo, trattandosi di un mercato piuttosto nuovo e a causa di una mancanza di trasparenza da parte dei siti che gestiscono le compravendite di crypto-art, non sono molti i dati a disposizione sull’argomento, ma secondo le stime di Memo Akten pubblicate sul sito Medium:
“L’impronta di una singola transazione relativa ad un NFT su SuperRare -uno dei tanti siti di cryptoart-, calcolato in media su 80 000 transizioni (includendo minting, bidding, sales, transfers etc) è di 82 kWh, con emissioni di 48 Kg di CO2”
In breve, per ogni manovra relativa agli NFT si consumano enormi quantità di energia, il che ha inevitabilmente un impatto ambientale non indifferente. Verrebbe da chiedersi se ne valga la pena, ma il mercato della cripto-arte ed ancor prima quello delle criptovalute in generale è ormai salpato, e fermarlo del tutto appare impossibile. Ciò che si può fare, però, è spingere affinché questo mondo si evolva nella direzione giusta, promuovendo una maggiore trasparenza e piattaforme sostenibili.