Phone Degeneration: Molti schermi, pochi volti
Il fallimento dell’uomo, come essere pensante e autonomo, è direttamente proporzionale all’uso della tecnologia che, ormai, regola la sua vita?
La risposta è racchiusa nella nostra quotidianità. Vivere senza le comodità relative ai mezzi tecnologici a nostra disposizione, oggi, è una visione utopica. Il cellulare è diventato uno strumento d’uso comune e sembra sia ormai indispensabile, poiché senza il suo utilizzo, ci si ritrova tagliati fuori dalla società.
Per tenere il passo con l’evoluzione tecnologica, l’uomo cosa sarà disposto a fare in futuro?
Gli uomini dimenticheranno di essere uomini, i valori smetteranno di essere considerati tali, si darà priorità a tutt’altro. Forse, però , non serve parlare di futuro, quest’ultimo sta già bussando alle nostre porte da tempo, aspetta solo che qualcuno gli spalanchi la porta, lo lasci passare e lo faccia entrare.
Quante volte, infatti, si preferisce scrivere ad una persona piuttosto che uscire di casa ed incontrarla, guardarla negli occhi?
Quante volte a tavola il telefono accompagna piatti e posate, creando una situazione di irascibile silenzio, che spinge le persone a non comunicare più neanche in quei momenti in cui la famiglia è riunita.
Nel complesso, nel nostro Paese, si controllano gli smartphone nove miliardi di volte ogni 24 ore, condizionando inconsciamente lo stile di vita di tutti, dai più giovani ai meno.
Migliaia di anni sono stati necessari alla conquista della libertà, eppure, oggi siamo schiavi, prigionieri dei telefoni.
Le cose sono, realmente, peggiorate quando, invece che col lume della ragione, abbiamo cominciato a farci strada col display dello smartphone.
Davvero è bastato l’avvento dei cellulari a far perdere questi valori?
‘‘Vedo gli esseri umani ma non vedo l’Umanità’’ dicevano un po’ di tempo fa.
Oggi io vedo tanti schermi ma pochi volti.
Mi siedo, prendo fiato e penso: ‘Ma sarà questo il Destino degli uomini? ‘
Siamo destinati ad estraniarci sempre più dagli altri?
Risposta non c’è.
Anzi, pensandoci, forse sì.
Magari ci rivedremo tra altri dieci anni e ne riparleremo.
Spero solo di sbagliarmi.
Articolo di Salvatore Toscano Matteo Panebianco