Un fiore per immaginare
Un calamaio rosso improntava la polverosa scrivania in noce, pezzo originale dell’antica mobilia che la nonna, tempi addietro, aveva selezionato con rigore.
Rispetto all’apparente tranquillità della stanza, fuori imperversava una cupa tempesta in grado di smuovere persino i possenti tronchi delle querce antistanti al villino che, a detta degli abitanti del paese, gli conferivano un’aria a dir poco spettrale.
Impugnando una piuma corvina intinta del color cremisi, un giovane studente di erbologia locale stava stilando la sua recente scoperta; attraverso incroci accuratamente selezionati e mediante l’utilizzo di filtri miscelati appositamente nell’alambicco, era riuscito finalmente a creare una nuova varietà botanica di salvia dalla strabiliante e inaudita abilità di mettere in moto l’immaginazione di chiunque si inebriasse del penetrante e balsamico profumo dei suoi fiori violacei.
Ingenuo da parte sua, però, dimenticarsi di aver riposto la sua così preziosa creazione sul poggìolo della sua camera, esposta alle intemperie della natura turbata da quell’audace affronto rivoltole!
Mentre il violento acquazzone razziava i teneri steli, l’irruenta passione del vento li depredava dalle carnose foglie e costringeva le radici a sbucare dal fradicio terreno.
Ormai allo stremo, la disgraziata ripose le proprie speranze sulla prole che ore prima aveva affidato all’allarmato vento che, dopo aver cercato invano di salvarla dalla triste sorte, sibilando contro le finestre della balconata, le promise di prendersene cura e di portarla con sé oltre i confini.
Attraversati radure, montagne e boschi, i tenui semi giunsero alle porte di una piccola cittadina dell’entroterra campano e, esausti per il lungo viaggio, vennero giù leggiadri, depositandosi sul soffice terreno argilloso di un giardino incolto, presso cui era solito girovagare un ragazzino che pareva nascondersi dietro ai suoi occhiali.
Incuriosite dallo strano personaggio, le rigogliose piantine crebbero in men che non si dica e, intenerite dal suo animo, gli donarono un fragrante fiore che il giovane notò con sorpresa; avvicinatosi per mirarlo meglio, una nebbia profumata lo travolse e di colpo mutò espressione. Improvvisamente, si rese conto di osservare il mondo sotto un’altra prospettiva, più colorata, allettante, stimolante e divertente della disadorna monotonia a scala di grigi a cui era abituato tempo addietro. Certo, la risoluzione delle sue preoccupazioni non era ancora stata raggiunta, ma aveva trovato una via di fuga, un mezzo con cui combattere le ansie che l’avventurosa vita da lì in poi gli avrebbe posto davanti.
Non sentendosi più solo grazie al regalo concessogli, poté lasciare il giardino fiorito e incamminarsi per la sua strada senza timore alcuno: l’esistenza, infatti, gli parve un continuo sognare ad occhi aperti e l’immaginazione le palpebre con cui chiuderli per non destarsi se non quando ne aveva bisogno.
Vincenzo Nuzzo 3Cs